I ministri responsabili per le politiche sociali dei paesi Ocse si riuniscono a Parigi il 31 marzo e il 1 aprile 2005.
La riunione e i documenti preparatori sono l’occasione per individuare alcune delle preoccupazioni comuni dei governi dei paesi Ocse in materia di “welfare”. Nel passato recente, le discussioni su questo tema sono state dominate dai timori sugli effetti negativi, veri o presunti, di un livello di spesa sociale eccessiva per la crescita economica e l’occupazione. La riunione di questa settimana segnala un cambiamento di tono: le politiche sociali non sono necessariamente un “onere” per il sistema economico, ma possono rappresentare un ausilio essenziale all’aggiustamento strutturale e all’esigenza di conciliare crescita economica e sviluppo sociale. Per assolvere tale funzione, è però fondamentale che le politiche sociali guardino in avanti, piuttosto che ai modelli del passato, e adeguino obiettivi e interventi alla diversa realtà del mondo d’oggi.
In che cosa si traduce tale cambiamento di priorità e interventi? L’Ocse propone il termine di “politiche sociali attive” e tre grandi assi di intervento. Primo, l’attenzione data ai problemi dell’infanzia e all’importanza di conciliare le responsabilità famigliari e professionali dei genitori che lavorano. Secondo, nell’ambito di una strategia complessiva per combattere l’esclusione sociale, l’importanza di misure che facilitino sia il passaggio dall’assistenza sociale al lavoro (welfare-to-work) che il sostegno sociale a chi già lavora (welfare-in-work). Terzo, conciliare la sostenibilità finanziaria dei sistemi pensionistici con maggiori opportunità di lavoro e partecipazione sociale per gli anziani. Si tratta di priorità largamente condivise, e che sono importanti pur con alcune differenze significative anche per l’Italia.
Fonte: Trend Online