Il governo intende accelerare il trasferimento del Tfr nei fondi pensione, previsto dalla riforma previdenziale. Il decreto attuativo, predisposto dal ministero del Welfare, è in dirittura d’arrivo: si tratta soltanto di attendere la valutazione dell’impatto sui conti pubblici da parte del Tesoro. L’accelerazione del provvedimento (l’intenzione è di fare decollare la previdenza integrativa già da gennaio) avverrebbe attraverso l’approvazione di un decreto delegato e la previsione della copertura nella Finanziaria. àˆ escluso, invece, l’inserimento delle norme nel collegato.
Luigi Scimia, presidente della Covip, l’autorità di controllo sui fondi pensione, stima in un miliardo di euro, forse qualcosa di più, il costo del provvedimento, che deve prevedere le compensazioni per le imprese che perdono una fonte di autofinanziamento come il Tfr (ogni anno il Tfr complessivo ammonta a 13 miliardi di euro) e le agevolazioni fiscali per rendere più appetibile la scelta di spostare le quote della liquidazione in via di maturazione nei fondi pensione.
Alle imprese il governo ha promesso la differenza tra il tasso d’interesse del Tfr e il tasso medio di mercato, ovvero qualcosa come il 3 per cento: nell’ipotesi, piuttosto ottimistica, di un’adesione ai fondi pensione da parte della metà dei lavoratori, il costo per lo Stato sarebbe di circa 200 milioni di euro all’anno. Poi c’è il costo degli sgravi sui fondi.
Non appena il decreto attuativo sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, l’Inps invierà le lettere a tutti i lavoratori privati per informarli dell’opportunità di trasferire le quote future del Tfr nei fondi pensione. Il lavoratore avrà tempo sei mesi per decidere se mantenere i soldi nel Tfr, oppure optare per il fondo negoziale, frutto di un’intesa tra sindacati e impresa e che può essere di categoria (come Cometa per i metalmeccanici) o “aperto ad adesione collettiva”.
Il lavoratore potrà anche scegliere di aderire con i soldi ora a sua disposizione a una polizza previdenziale, come hanno fatto in questi anni i lavoratori autonomi, oppure – se esiste – a un Fondo apposito predisposto a livello regionale (c’è in Trentino e in Valle d’Aosta, ma si stanno muovendo anche Lombardia e Lazio). Se il lavoratore non darà indicazione sulla destinazione del suo Tfr futuro scatterà il silenzio-assenso e il Tfr verrà dirottato nei fondi negoziali. Qualora questi fondi non esistessero, i soldi finirebbero in un fondo Inps, detto residuale.
Fonte: La Repubblica