Saturday, November 23, 2024

Secondo i dati del governo, l’Italia è ultima in Europa per sostegno alle famiglie e alla maternità. Ires-Cgil rivela: l’1,2 per cento del Pil deriva dall’aiuto delle persone anziane. Sono loro la nostra ricchezza.
L’italiano che si arrangia delle barzellette esiste, ma non fa ridere proprio per niente. Il quadro socio-economico del nostro Paese è ormai piuttosto noto: “giovani anziani” senza lavoro e opportunità di procreare, pensione sempre più vicina al letto di morte, età media più alta d’Europa, parità tra i sessi ancora da mettere a punto, pochi ricchissimi e tanti nuovi poveri, necessità di farcela da soli tanta, come la voglia di emigrare.

L’imbarazzo di vivere in un Paese che col dorato Occidente “civilizzato” ha sempre meno a che fare si ravviva in questo weekend dal tempo incerto, per via di due attendibili rapporti diffusi nella giornata di ieri, sorprendentemente capaci di dialogare e giustificarsi a distanza. L’uno sfornato dal ministero dell’Economia, l’altro dall’Ires Cgil. Anche se, scorrendoli, i rispettivi autori potrebbero benissimo essere invertiti. Da Via XX settembre arriva un fotografia impietosa dello stato del nostro welfare, scattata nell’ultima “Relazione generale sulla situazione economica del Paese 2009”. L’Italia risulta essere ultima nella classifica Ue nella spesa per la famiglia e per la maternità, insieme a Spagna e Portogallo. Ammonta ad un misero 1,2 per cento la fetta di Pil impiegata, mentre nell’Europa a 15 e in quella a 27 si spende rispettivamente il 2,1 e il 2. Le comparazioni sono riferite a tre anni fa: dello scorso 2009 si dispone solo di un’informazione in più, cioè il lieve aumento all’1,4 per cento della spesa totale italiana per i due settori in questione, senza metri di paragone sufficienti però, non essendo note le percentuali delle altre nazioni.

Come sottolinea giustamente Cecilia Carmassi, responsabile politiche per la famiglia del Pd, il presente fa più paura del recentissimo passato: «Questi dati sono la foto della situazione a fine 2009. Quando avremo quelli che tengono conto dell’ultima manovra approvata, i nostri parametri sulla spesa a favore delle famiglie e più in generale per le prestazioni sociali ci faranno uscire dall’Europa e ci metteranno alla pari con quei Paesi che consideriamo del Terzo Mondo». Lontane anni luce oasi scandinave come Svezia e Danimarca, la distanza resterebbe in effetti incolmabile anche con realtà che dovremmo cercare al più presto di affiancare, come Francia (2,5) e Germania (2,8). Complessivamente, se si prendono in considerazione le voci del Bilancio dello Stato, in particolare quelle riferite alle prestazioni di protezione sociale, lo scorso anno la cifra erogata in assegni familiari è scesa da 6.675 a 6.390 miliardi. Il calo è del 2,5 per cento, rispetto al 2008, per l’indennità di maternità, conteggiata abitualmente insieme al sostegno per malattia e infortuni. Ma c’è di più.

Se si considera la percentuale spesa rispetto alla totalità delle prestazioni di sola protezione sociale, restiamo comunque Cenerentola tra i 27 (4,7 per cento), fatta eccezione per la Polonia, e vediamo nella media europea (8%) un miraggio inavvicinabile. È affannosa e disperata la rincorsa al welfare, tanto più se consideriamo che il passo è sostenuto da una categoria sociale che proverbialmente non scoppia di salute, ma si rivela sempre più indispensabile: gli anziani. Sono i nonni il bastone della nostra acciaccata giovinezza. La loro presenza nelle attività domestiche e di cura rivolte alle persone, sia ad altri adulti che, in particolare, ai bambini (circa l’80 per cento del tempo dedicato), arriva ad un totale di 150 milioni di ore ogni quattro settimane, che vedono impegnati oltre 4,7 milioni di over 54. In buona sostanza, la metà del sostegno a cui ricorrono le famiglie italiane: un contributo, quello degli anziani, che non si limita al valore intrinseco della loro attività, ma che è capace di generatore economie esterne positive, specie a favore delle donne.

Ires Cgil, nel suo rapporto “Il capitale sociale degli anziani” ha voluto proprio “monetizzare” questo contributo dato dai vecchi alla società e lo ha paragonato a un monte retribuzioni, che raggiunge i 18,3 miliardi annui. Ossia, l’1,2 per cento del Prodotto interno lordo. A occhio e croce il misero investimento in welfare diffuso ieri dal Tesoro. Paradossi economici che denotano forte «arretratezza culturale» e necessitano di una «rivoluzione nel concepimento delle leggi finanziarie in Parlamento», suggerisce il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli. «Un ribaltamento che dovrebbe iniziare dalle spese militari, uno di quei comparti che penalizzano strutturalmente i servizi e le politiche sociali». Forse proprio gli scranni di Camera e Senato sono gli unici posti da cui dovrebbero sparire certi alacri anziani poco a contatto con la realtà.

Fonte: http://www.terranews.it