Caregiver non si nasce, ma si diventa: occuparsi di assistere e prestare cure a una persona malata, infatti, richiede competenze specifiche e informazioni da aggiornare continuamente. Del tema si occupa il
progetto europeo Ring, promosso tra gli altri da Comune di Torino, Fondazione Sospiro, Centro Maderna, l’ateneo del capoluogo piemontese e l’Università cattolica del Sacro Cuore di Roma. Partner che si sono ritrovati lo scorso 27 marzo a Cremona per un seminario su “Caregiver informale informato: condividere conoscenze per aiutare la cura”.
Allargando lo sguardo al vecchio continente, i dati parlano di 5,4 milioni di persone che soffrono di demenza; si stima che in Europa circa il 70% delle persone con Alzheimer siano curate in casa da un famigliare, che spende ogni giorno oltre 10 ore per assistere il proprio congiunto. Quindi si tratta di un’attività che va supportata, altrimenti può peggiorare notevolmente la qualità della vita del caregiver, sia che si tratti di un parente del malato o di un’assistente famigliare, spesso straniera.
E il problema ha certamente dimensioni globali impressionanti: “La prevalenza della malattia nel mondo è di oltre 35 milioni di persone nel 2010, il 10% in più di quanto stimato nel 2005”, ha riferito il medico Daniele Villani, consulente del progetto Ring per la Fondazione Sospiro, annunciando che il numero dei malati è destinato a raddoppiare ogni 20 anni: “Dai 65milioni del 2030 si passerà ai 115 milioni del 2050”. Poi ci sono le spese, che gravano soprattutto sulle famiglie dei pazienti: “Il costo globale è stimato intorno ai 315 miliardi di dollari”.
Occorre poi tener conto dell’importanza della relazione e della comunicazione verbale e non verbale nella cura della demenza, come ha evidenziato la professoressa Caterina Cattel, del Centro medicina per l’invecchiamento dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma: “La malattia di Alzheimer è associata così frequentemente ai disturbi della comunicazione che ormai questi costituiscono uno dei criteri diagnostici”. In questo quadro clinico è fondamentale “stabilire e mantenere una alleanza con il paziente e con la famiglia”. Come? Attraverso il metodo assistenziale “gentle-care”, ad esempio, che può “compensare le disfunzioni causate dalla malattia” e allo stesso tempo “salvaguardare la salute della famiglia e del personale addetto all’assistenza”. Si punta, all’interno della casa del malato, a “un adattamento dell’ambiente organizzato”, creando un clima empatico.
È urgente, dunque, intercettare “la richiesta di aggiornamento di chi si prende cura”, ha sottolineato Anna Maria Melloni, direttore del Centro Maderna. Infatti una maggiore e mirata formazione ai caregiver significa promozione della salute, miglioramento del benessere e minori costi socio-sanitari, disponendo di buoni servizi e professionisti competenti: dai medici agli infermieri, dagli psicologi agli assistenti sociali, dagli educatori agli operatori socio-sanitari e agli assistenti familiari.
“Il progetto biennale Ring, che si concluderà a ottobre 2011, si rivolge a caregiver formali e informali, con l’obiettivo di fornire e sperimentare un kit formativo utile anche a chi presta cura a persone disabili, malati mentali o persone con malattie croniche”, ha annunciato Cristiana Bianchi, coordinatore tecnico Ring e responsabile dell’Ufficio Salute del Comune di Torino. Si tratta di integrare “il programma formativo psico-educazionale della Fondazione spagnola Ingema, finalizzato a supportare i caregiver nella gestione dell’ansia e degli aspetti emotivi della relazione; la Guida per chi si prende cura della Fondazione Sospiro; il dvd Prendersi cura: lampi di verità dal cinema contenente frammenti di filmati sulla relazione d’aiuto del Centro Maderna”: materiali per supportare questo cruciale servizio di sostegno e di cura.
Fonte: Centro Maderna