L’ “anoressia dell’invecchiamento”: non una vera e propria malattia, ma una condizione normale in un uomo che invecchia, può essere una diretta conseguenza di malattie croniche (tumori, patologie dello stomaco, dell’intestino, del fegato, dei reni, o nelle fasi avanzate di malattie cardiache e polmonari), ma si osserva anche in persone sane ed autosufficienti.
Fattori psicosociali come la povertà , la difficoltà a procurarsi il cibo o a cucinarlo, la solitudine, il lutto per il coniuge deceduto, l’ansia e la depressione sono aspetti fondamentali da considerare nella valutazione del rischio di scarsa nutrizione. Per esempio, nelle Case di riposo si è notato come il miglioramento dell’ambiente e dei rapporti tra pazienti ed operatori assistenziali aumenti l’assunzione di cibo. D’altra parte, modificazioni naturali (olfatto, gusto e alla vista)che si verificano con l’invecchiamento possono indurre una minor voglia di mangiare. Studi sperimentali hanno provato, infatti, che l’aggiunta alle pietanze di sostanze per aumentarne la sapidità permette di migliorare l’alimentazione e incrementare il peso corporeo di soggetti a rischio di malnutrizione. Inoltre, con l’avanzare dell’età si modificano gli ormoni che circolano nel corpo umano responsabili della regolazione dell’appetito e di una minor distensione dello stomaco, con conseguente maggior sazietà .
L’anoressia dell’invecchiamento può essere aggravata dalle malattie e dall’assunzione di alcuni tipi di farmaci (es. anti-infiammatori e anti-ipertensivi), portando ad una severa perdita di peso e a malnutrizione irreversibile. Le conseguenze di quest’ultima sono una minor resistenza alle infezioni, una ridotta capacità ad affrontare malattie acute od operazioni chirurgiche, una minor risposta ad interventi di riabilitazione. L’anoressia quindi rappresenta un segno clinico utile per il riconoscimento di persone a rischio di malnutrizione e meritevoli di eventuali interventi terapeutici. Questi comprendono l’educazione dei pazienti, dei famigliari o degli operatori assistenziali, modificazioni degli ambienti dove si mangia, integratori dietetici e cura delle malattie sottostanti.
Fonte: Il Giornale di Brescia