Dichiarazione di Celina Cesari, segretaria nazionale dello Spi Cgil
I ticket di 10 euro sulle ricette restano in vigore fino al 31 marzo e comunque fino alla adozione, da parte delle Regioni, di misure alternative per il conseguimento degli obiettivi economici, previsti dalla finanziaria. Con questa precisazione Celina Cesari, segretaria nazionale dello Spi cgil, smentisce le notizie pubblicate sui giornali che riferivano dell’approvazione di un emendamento da parte del Senato che cancellava i nuovi ticket.
Infatti – osserva Cesari -, l’emendamento approvato nella tarda serata di mercoledàì 14 febbraio dalla 1^ commissione del Senato al testo del decreto legislativo mille – proroghe, prevede, sostanzialmente, quanto deliberato dal Consiglio dei Ministri il 2 febbraio 2007. L’emendamento, di fatto, scarica sulle Regioni l’onere di trovare misure alternative ai ticket, fermo restando l’importo dei risparmi da realizzare sulle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale, pari a 811 milioni di euro per l’anno 2007 e di 834 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Le Regioni, infatti – continua la sindacalista -, sulla base della stima degli effetti economici nelle singole regioni, in alternativa alla quota fissa sulla ricetta pari a 10 euro, potranno applicare, alternativamente o altre forme di compartecipazione al costo delle prestazioni sanitarie previa certificazione da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti (art. 12 Intesa Stato-Regioni del 23.3.2005). Oppure stipulare un accordo con il Ministero della salute e dell’economia, per la definizione di altre misure di partecipazione al costo delle prestazioni sanitarie. In questo caso le misure decorreranno dal primo giorno successivo alla stipula dell’Accordo.
E’ palese, dunque – spiega Cesari – che con questo emendamento si sia voluto semplicemente spostare il problema su altri tavoli. Per questo, il sindacato conferma la propria contrarietà ad un provvedimento del genere. Non ci stancheremo di definire i ticket iniqui, ingiusti, inefficaci, inappropriati e pericolosi sia per i cittadini che per il servizio sanitario nazionale. Una misura inutile e rischiosa la quale, nell’affidare la discrezionalità alle singole regioni, espone il Sistema sanitario nazionale ad ulteriori e differenziati livelli di copertura che ledono il principio universale della tutela della salute.
E’ auspicabile, quindi – conclude Cesare – un segnale più forte da parte del Governo e del Parlamento in direzione del ritiro della misura la cui copertura potrebbe essere ricercata tra le risorse aggiuntive e non previste del gettito fiscale.
Roma 16 febbraio 2007