L’Italia è, dopo il Portogallo e ora forse dopo Bulgaria e Romania, il paese con le diseguaglianze più pronunciate fra quelli dell’Unione Europea. E’ questo il primo commento degli economisti di fronte ai dati su occupazione reddito del nostro paese.
«Il profilo delle diseguaglianze è preoccupante sotto molti aspetti», commenta Tito Boeri, economista della Bocconi e direttore della Voce.info. «C’è il sistema di protezione sociale che è sbilanciato a favore delle pensioni. C’è un profilo generazionale, e c’è il fatto che le più penalizzate sono di fatto le famiglie con due o più figli a carico». Per quest’ultimo problema influisce sicuramente l’effetto dell’immigrazione, visto che tendenzialmente le famiglie di questa fascia della popolazione sono più numerose. Ma il problema è più ampio: «Andrebbero varati dei seri provvedimenti per favorire la natalità , che fra gli italiani si mantiene gravemente bassa», dice Boeri. Proprio in questi giorni, il governo tedesco di Angela Merkel ha varato un maxiprovvedimento che garantisce benefici di ben 2025mila euro alle famiglie che mettono alla luce un figlio. «Anche senza arrivare a tanto qualcosa andrebbe fatto». Ma la copertura per una misura cosàì costosa? «Dobbiamo convincerci che un miglior tasso di natalità è un bene per l’economia e che sul lungo termine gli effetti di una politica del genere andrebbero a beneficio dell’intero sistema, della produttività , infine anche dei conti pubblici».
Altrettanto rilevante come ˜tonico’ per l’economia sarebbe un più intenso ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Anche qui l’Italia è in ritardo. La situazione verso cui puntare è quella dei paesi nordici, dove con un accorto meccanismo di incentivi e agevolazioni si è riusciti a combinare un adeguato tasso di fertilità con una massiccia occupazione femminile.
Qualche misura utile ha visto la luce con questa Finanziaria, come i provvedimenti a favore degli asili nido, ma questo dovrebbe essere, a giudizio degli analisti più avveduti, solo un inizio.
Il nodo centrale resta quello delle pensioni, che continuano ad assorbire oltre i due terzi della spesa sociale. Timidamente, fra mille resistenze, si sta facendo strada la via, già tentata con successo in altri paesi, degli incentivi per chi resta al lavoro e dei disincentivi per chi vuole lasciare. Battere più sui primi che sui secondi, per rispettare anche la volontà di chi veramente è troppo stanco per continuare a lavorare, sembrerebbe una via utile. Permetterebbe tra l’altro di migliorare la produttività nel suo complesso perchà© spesso chi ha 57 0 58 anni oggi è in grado di ˜funzionare’ perfettamente come un giovane dipendente.
Articolo tratto da www.repubblica.it